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Il senso dell’orientamento secondo Chanel v EUIPO (e Huawei)
In uno dei crossover più sorprendenti ai quali si è avuto recentemente l’opportunità di assistere, ad essere protagonisti della pronuncia emanata lo scorso 21 aprile dal Tribunale dell’Unione Europea sono state due società che non necessitano di presentazioni, operanti in due settori che non potrebbero essere tra loro più differenti: la maison francese Chanel e il titano cinese Huawei.
 
La Quinta Sezione del Tribunale ha posto una (parziale) conclusione ad una disputa iniziata nell’ormai lontano 2017: il 26 settembre, Huawei Technologies Co. Ltd. depositava dinanzi all’EUIPO la domanda di marchio n. 17248642 relativa al segno “Huawei” in classe 9 e, il 28 dicembre dello stesso anno, Chanel iniziava una procedura di opposizione basata sul proprio marchio francese n. 3977077 “Chanel”, depositato e registrato nel 2013, rivendicante, tra gli altri prodotti, “fotocamere, occhiali da sole, occhiali; auricolari e cuffie; hardware per computer” nella stessa classe 9. La casa di moda francese evidenziava, nell’ambito dell’opposizione, come, dall’eventuale registrazione del marchio di controparte, potesse, inoltre, emergere il rischio che Huawei fosse in grado di sfruttare impropriamente la reputazione di cui il marchio francese n. 1334490, rivendicante, tra gli altri, prodotti nelle classi 3, 14, 18 e 25, gode sin dalla sua registrazione, avvenuta nel 1985.
La Divisione Opposizioni dell’EUIPO rigettava interamente l’opposizione con decisione del marzo 2019, a seguito della quale Chanel presentava ricorso, anch’esso respinto, nel novembre dello stesso anno, dalla Quarta Sezione d’Appello dell’EUIPO. Nell’ambito di tale decisione d’appello si rilevava, in particolare, l’assenza di qualsiasi rischio di confondibilità da parte del pubblico di riferimento e, al contempo, si sottolineava come la prima condizione necessaria per rinvenire un rischio di confusione tra i marchi in conflitto, ossia l’identità o similarità dei segni, non fosse rinvenibile nel caso di specie.
Il Tribunale dell’Unione Europea, successivamente interpellato da Chanel, ha quindi chiarito,, in particolare ai paragrafi 34 e 35 della sentenza sopracitata, come i due segni in conflitto condividano, effettivamente, certe caratteristiche, tra cui un cerchio nero intorno a due curve intrecciate, anch’esse nere, e un’ellisse centrale, risultante dall’intersezione tra le due curve,
ma ha puntualizzato, altresì, le ragioni per cui i marchi in oggetto devono, comunque, essere considerati come visivamente differenti, citando – ad esempio – la forma e lo spessore delle curve stesse.
 
Tra le argomentazioni dell’Opponente (i.e. Chanel) spiccava l’assunto che i due marchi in questione fossero simili ad un livello medio o addirittura medio-basso, se visti nell’orientamento oggetto delle domande/registrazioni, e ad un livello medio-alto quando il marchio oggetto della domanda di marchio UE opposta fosse ruotato di 90°. In merito a tale argomentazione, il Tribunale ha chiarito, al paragrafo 26 della sentenza, come “l’orientamento dei segni, così come indicato nella domanda, può avere un impatto sullo scopo della loro protezione e, di conseguenza, al contrario di quanto il richiedente domanda, al fine di evitare qualsiasi incertezza e dubbio, la comparazione tra i segni può essere effettuata soltanto sulla base delle forme e degli orientamenti per i quali i segni sono registrati o in stato di domanda”. A sostegno di tale assunto, il Tribunale cita abbondante casistica giurisprudenziale ricordando, in particolare, la sentenza resa il 19 settembre 2018 nel caso T‑623/16 Volkswagen v EUIPO – Paalupaikka (MAIN AUTO WHEELS), nella quale era espressamente statuito come la comparazione fra la domanda di marchio ed il marchio anteriore dovesse avvenire “as they were registered” quindi, con le stesse caratteristiche con le quali gli stessi fossero registrati. Ciò, “indipendentemente da qualsiasi possibile rotazione nell’uso sul mercato”, come chiarito dalla sentenza dell’aprile 2021 al paragrafo 32.
Tenendo conto dell’impossibilità di analizzare la similarità fonetica, il Tribunale – richiamandosi anche al consolidato orientamento giurisprudenziale in materia – ha precisato altresì che, il solo fatto di avere entrambi i segni la forma di un cerchio, non possa rendere tali segni simili dal punto di vista concettuale. Al contempo, al paragrafo 40, si evidenzia, inoltre, come le iniziali del fondatore della maison Chanel dovrebbero essere identificate nell’immagine riferita al marchio dello stesso, mentre la lettera stilizzata “h”, o le due lettere intrecciate “u”, potrebbero essere percepite dal consumatore che si trovi a confrontarsi con il segno di cui alla domanda di marchio, ciò rendendo i marchi differenti anche dal punto concettuale.
 
Le possibilità che Chanel scelga di presentare un ulteriore (ed ultimo) ricorso di fronte alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea non appaiono ridotte. Infatti, la battaglia legale oggetto del presente commento appare inserirsi perfettamente nella strategia di protezione del proprio
brand che la maison sta portando avanti negli ultimi anni e che la vede tuttora coinvolta in una molteplicità di casi anche dinanzi a corti nazionali, tra cui quelle del Regno Unito e degli Stati Uniti, in particolare riferita alla lotta sia alla contraffazione sia alla rivendita non autorizzata. Infatti, come affermato dalla stessa maison, lusso, esclusività e prestigio associati ai prodotti formano un elemento integrale del brand e della sua attrattività nei confronti dei consumatori attuali e potenziali.