Il presente sito utilizza dei cookie di tracciamento al fine di valutare la provenienza ed il comportamento dell'utente.
Per saperne di più leggi la Privacy Policy e la Cookie Policy.
Clicca su ACCETTO per consentire l'utilizzo dei Cookies oppure clicca su DECLINO per proseguire in forma anonima

21
06
21

LA CORTE DI GIUSTIZIA FERMA IL RUGGITO DELLA PUMA

Fin dalla nascita, la storia di Puma è stata contraddistinta da litigi e turbolenze, come dimostra la rivalità che per decenni ha diviso la cittadina tedesca di Herzogenaurach, dove i fratelli Dassler avevano stabilito l’azienda a conduzione familiare dalla cui scissione sono nate Adidas e, appunto, Puma. Entrambe le aziende, diventate colossi dell’abbigliamento sportivo, non sono nuove alle dispute di fronte all’autorità giudiziaria e il tema dei marchi non è certo un’eccezione. È del 18 maggio 2021 l’ultima pronuncia che vede coinvolta PUMA SE: si tratta della decisione del Tribunale dell’Unione Europea nella causa T-510/19, la terza che la Corte di Lussemburgo pronuncia nelle more di una vicenda iniziata ben otto anni fa.

Png logo società italiana Gemma Group S.r.l.

Il 14 febbraio 2013, la società italiana Gemma Group S.r.l. ha depositato presso l’EUIPO domanda di marchio dell’Unione Europea per il segno di cui all'immagine alla destra rivendicando macchine per la lavorazione di legno, alluminio e PVC in classe 7.

png loghi puma

L’8 luglio dello stesso anno, PUMA SE ha depositato opposizione nei confronti della suddetta domanda sulla base di due registrazioni di marchio internazionale, estese anche a numerosi Paesi europei, relative ai segni di cui all'immagine alla sinistra nelle classi 18, 25 e 28, risalenti, rispettivamente, al 1983 e al 1992, sottolineandone la notorietà ai sensi dell’art. 8(5) del Regolamento (CE) 207/2009, oggi sostituito dal Regolamento (UE) 2017/1001.

 

La Divisione Opposizione dell’EUIPO rigettava l’opposizione nella sua totalità rilevando come il pubblico di riferimento non avrebbe stabilito una connessione fra i marchi oggetto della procedura. Il ricorso, deciso a fine 2014 dalla Quinta Sezione d’Appello dell’EUIPO, ha condotto allo stesso esito: l’EUIPO ha, infatti, evidenziato – da un lato – come vi fosse un certo livello di similarità, dal punto di vista visivo, tra i marchi in conflitto, dal momento che sia il segno oggetto

di domanda sia quelli oggetto delle registrazioni anteriori trasmettono l’idea di un felino, che ricorda – in particolare – un puma, nell’atto di compiere un balzo, ma ha altresì rilevato – dall’altro lato – che non tutte le condizioni richieste dall’art. 8(5) fossero state soddisfatte.

 

Successivamente, nella decisione pronunciata il 9 settembre 2016 nella causa T-159/15, il Tribunale dell’Unione Europea annullava la decisione della Sezione Appello dell’EUIPO, sulla base del fatto che non fossero state tenute in considerazione precedenti decisioni su casi simili e che l’EUIPO stesso non potesse semplicemente sostenere di non essere vincolato dalla propria giurisprudenza precedente. Conseguentemente, l’Ufficio risultava aver violato il principio di corretta amministrazione e, in particolare, l’obbligo di formulare puntuali motivazioni a fondamento delle proprie decisioni. L’ulteriore ricorso dell’EUIPO non si è fatto attendere, ma è stato rigettato a fine 2016 dalla Corte di Giustizia, con la stessa linea argomentativa della decisione di qualche mese prima.

 

Stante l’annullamento della decisione emanata dall’EUIPO in merito all’appello di PUMA SE nel 2014, il caso è stato nuovamente esaminato dalla Quarta Sezione d’Appello che, il 30 aprile 2019, ha sostanzialmente confermato la decisione emanata dalla Divisione Opposizioni, rigettando, quindi, integralmente l’opposizione. Ricordando il livello di similarità, già precedentemente evidenziato, dal punto di vista visivo e sottolineando come una comparazione dal punto di vista fonetico non fosse possibile, l’EUIPO ha rimarcato come occorresse – per poter accogliere l’opposizione presentata da PUMA SE – una (non giustificata, nel caso di specie) deviazione dalla giurisprudenza precedente, in quanto, nella procedura in esame, l’opponente aveva fallito nel dimostrare la presenza delle condizioni richieste dall’articolo 8(5).

 

La decisione di maggio 2021 conferma tale linea argomentativa, sottolineando nuovamente come tali condizioni debbano considerate cumulative: identità o similarità fra i segni, esistenza di una reputazione del marchio anteriore, rischio che l’uso senza motivo del marchio oggetto della domanda opposta possa trarre indebito vantaggio dalla o recare pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore. Stabilendo che il pubblico di riferimento relativo alla domanda di marchio non fosse lo stesso in relazione al quale sono da considerare le registrazioni di marchio anteriori, la Corte ha, quindi, stabilito come, al contrario di quanto sostenuto da PUMA SE, sia improbabile che tale pubblico, formato da professionisti, a cui la domanda di marchio della società italiana si riferisce, possa considerare le immagini e caratteristiche positive dei marchi anteriori trasferite al marchio oggetto di domanda, data la sostanziale differenza nella natura dei prodotti rivendicati dai marchi delle parti. Allo stesso modo, non sono stati forniti elementi di prova sufficienti per dimostrare una modifica nel comportamento del consumatore medio dei prodotti rivendicati dal marchio anteriore, né una seria possibilità che tale cambiamento avvenga in futuro.

eu court of justice

Vi è ancora, per PUMA SE, la possibilità di ulteriormente appellare la decisione, sebbene le possibilità di una pronuncia di senso contrario a quella da ultimo emanata non sembrino alte.

 

La presente vicenda offre una serie di spunti interessanti da molteplici punti di vista. Riguardo a PUMA SE, è da ricordare che, sempre nel 2021, la società tedesca ha rivestito, altresì, la veste di imputato nell’ambito di un’azione legale iniziata dalla squadra olimpica statunitense e dai comitati olimpico e paralimpico d’oltreoceano per violazione del marchio e concorrenza sleale in relazione alle Olimpiadi di Tokyo, Pechino e Parigi. Dal punto di vista procedurale, invece, la vicenda dimostra come i principi di equità di trattamento e corretta amministrazione non possano essere mai accantonati e che siano motivo sufficiente per annullare una decisione, ancorché la nuova pronuncia, conseguenza del suddetto annullamento, abbia, sostanzialmente, gli stessi effetti della precedente. Infine, un riflettore è stato accesso, in particolare, sulla necessità di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, forse uno degli argomenti, sino ad ora, più forti rispetto alla prospettiva di decisioni prese da sistemi di intelligenza artificiale.