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La tolleranza dell’uso del marchio registrato posteriormente – CGUE C-466/20

Con sentenza del 19 maggio 2022, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata in merito al regime della tolleranza dell’uso di un marchio posteriore da parte del titolare di un diritto anteriore, delineando i confini della nozione stessa di “tolleranza” e precisando la portata delle preclusioni che ne derivano.

La direttiva 2008/95 (applicabile al caso di specie ratione temporis e poi sostituita dalla direttiva UE 2015/2436, entrata in vigore in data 15 gennaio 2019) prevedeva la disciplina delle preclusioni derivanti dalla tolleranza da parte del titolare di un marchio dell’Unione Europea dell’uso in uno Stato membro di un marchio registrato successivamente.

La norma, in particolare, prevede che “Il titolare di un marchio [dell’Unione Europea], il quale, durante cinque anni consecutivi, abbia tollerato l’uso in uno Stato membro di un marchio [dell’Unione Europea] posteriore registrato in quello Stato membro, di cui era a conoscenza, non può domandare la dichiarazione di nullità del marchio di impresa posteriore né opporsi all’uso dello stesso sulla base del proprio marchio di impresa anteriore per i prodotti o servizi per i quali è stato utilizzato il marchio di impresa posteriore, salvo ove il marchio di impresa posteriore sia stato domandato in malafede”. In sostanza, in ossequio a tale norma, è precluso al titolare di un diritto di marchio che sia rimasto inerte per un periodo di cinque anni – pur essendone a conoscenza – di agire per chiedere che venga dichiarata la nullità o opporsi all’uso del marchio posteriore depositato in buona fede.

L’ordinamento italiano prevede una norma di analoga portata all’art. 28 c.p.i., avente ad oggetto l’istituto della convalida. Tale previsione prende in considerazione il ruolo che il trascorrere del tempo assume rispetto ad un conflitto tra un diritto anteriore (registrato o non registrato) e un marchio (registrato) posteriore, stabilendo che qualora il titolare del segno anteriore tolleri l’uso del marchio registrato successivamente per un periodo di cinque anni, quest’ultimo venga in tal modo convalidato, con la conseguenza che il primo non potrà esercitare l’azione di nullità, salvo che il marchio posteriore sia stato depositato in mala fede. Dal momento della convalida, dunque, i due marchi si troveranno in una situazione di coesistenza sul mercato.

Tale previsione trova, anzitutto, la sua ratio – come ha specificato la Corte stessa nella sentenza in commento – nel principio di certezza del diritto, ossia nell’esigenza di assicurare al titolare del marchio posteriore che l’uso di tale marchio non venga messo in discussione dal titolare del diritto anteriore, una volta che siano trascorsi cinque anni. Inoltre, come sottolineato in dottrina, in assenza di una tale previsione, potrebbe altresì configurarsi il rischio che il titolare del marchio anteriore si astenga intenzionalmente dall’opporsi all’uso del marchio posteriore per un certo periodo di tempo, attendendo che il marchio in questione divenga conosciuto sul mercato e agendo solo successivamente per approfittare indebitamente del posizionamento dello stesso e, di conseguenza, acquisirne la clientela.

Nel caso di specie la Corte ha avuto modo di precisare i confini del concetto di tolleranza e le condizioni necessarie affinché l’eventuale atto posto in essere dal titolare del marchio anteriore sia tale da interrompere il termine quinquennale di preclusione. A tale proposito, era già stato confermato in pronunce anteriori che “[…] in ogni caso, la proposizione di un ricorso amministrativo o giurisdizionale prima della data di scadenza di tale termine pone fine alla tolleranza e impedisce, di conseguenza, la preclusione” (in tal senso CGUE C-428/09, p. 49).

Tuttavia, il caso di specie ha ad oggetto un atto stragiudiziale e, in particolare, l’invio di una diffida (a cui è poi conseguita la proposizione di un ricorso giurisdizionale, tuttavia viziato da talune irregolarità formali, che ne hanno inficiato, per diverso tempo, l’efficacia. La vicenda, infatti, riguarda una controversia in materia di marchi sorta tra le società Heitec AG (di seguito “Heitec”), titolare del marchio dell’Unione Europea denominativo “HEITEC” (depositato il 18/03/1998) e Heitech Promotion GmbH (di seguito Heitech Promotion”), titolare del marchio dell’Unione Europea denominativo “heitech promotion” (depositato il 17/09/2002) e del marchio figurativo contenente l’elemento denominativo “heitech” (depositato il 6/02/2008). La Heitec era venuta a conoscenza del deposito del marchio “Heitech” in data 7/07/ 2008 e, con lettera del 22/04/2009 aveva intimato alla controparte di cessare l’utilizzo di tale segno. Quest’ultima aveva risposto proponendo la conclusione di un accordo di coesistenza, richiesta tuttavia rimasa disattesa. Successivamente, la Heitec aveva depositato presso il Tribunale del Land, Norimberga-Furth, un atto introduttivo di giudizio, omettendo, tuttavia, di depositare gli originali dell’atto richiesti dal Giudice e mancando altresì di sanare per un certo periodo di tempo alcune ulteriori irregolarità formali segnalate dal Giudice.

In tale contesto, la Corte è stata chiamata a chiarire se il semplice invio di una diffida integri una condotta tale da escludere il configurarsi del regime di tolleranza che precluderebbe al titolare del marchio anteriore di chiedere che sia dichiarata la nullità del marchio posteriore o, comunque, di opporsi all’utilizzo dello stesso.

La Corte a tale proposito ha precisato che “un atto, quale una diffida, con il quale il titolare di un marchio anteriore o di un altro diritto anteriore si oppone all’uso di un marchio posteriore senza tuttavia intraprendere quanto necessario per ottenere una soluzione giuridicamente vincolante non pone fine alla tolleranza e, di conseguenza, non interrompe il termine di preclusione per tolleranza […]”. Secondo tale principio, dunque, una lettera di diffida a seguito della quale non vengano intraprese negoziazioni o ulteriori azioni finalizzate all’effettiva e duratura tutela dei propri diritti, non integra un atto idoneo ad interrompere il decorrere del termine quinquennale di tolleranza.

La Corte ha inoltre chiarito, trattando della quarta questione pregiudiziale sottopostale, che la disciplina in commento, oltre ad escludere la domanda di nullità o di cessazione d’uso del marchio posteriore, vale altresì a precludere la possibilità di presentare qualsivoglia domanda accessoria o connessa, tra cui eventuali domande di risarcimento dei danni, di comunicazione di informazioni o di distruzione dei prodotti.