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DAL PARADISO ALL’INFERNO: BUNDY V. NIRVANA LLC
Il 2021, 750° anniversario della morte di Dante Alighieri, non sarà ricordato soltanto per gli eventi di ogni tipo messi in atto per celebrare la ricorrenza, ma anche per il coinvolgimento del mondo del diritto e, in particolare, della Proprietà Intellettuale. È del mese di aprile, infatti, la notizia che Nirvana LLC, Live Nation Merchandise LLC, Merch Traffic LLC e Silva Artist Management LLC dovranno apparire in veste di imputati di fronte ad una corte federale di Los Angeles per rispondere alle accuse mosse da Jocelyn Susan Bundy rispetto ad una questione di violazione di copyright.
 
Bundy è la nipote dell’illustratore C.W. Scott-Giles, autore di dieci tavole illustrative disegnate per “Hell”, la versione inglese del primo libro della “Divina Commedia”, tradotta in lingua inglese da Dorothy Sayers e pubblicata per la prima volta nel Regno Unito nel 1949. La ricorrente afferma di essere venuta a conoscenza, nel gennaio 2021, dell’utilizzo, in numerosi articoli facenti parte del merchandise ufficiale della band Nirvana, fra cui vinili, capi di abbigliamento, tazze e portachiavi commercializzati negli Stati Uniti e non solo, di un’immagine “virtualmente identica” all’illustrazione del nonno: la rappresentazione dei primi cerchi dell’Inferno, indicata tra i fans come i “Sette Cerchi dell’Inferno”.
Interessante è il fatto che sia stata un’altra causa concernente questioni di Diritto Industriale e, in particolare, quella intentata da Nirvana LLC nei confronti di Marc Jacobs International, a far sorgere nella ricorrente la consapevolezza dell’utilizzo dell’immagine disegnata dal nonno ben ottantadue anni prima. La ricorrente sostiene, in particolare, non solo che la band abbia utilizzato l’illustrazione già a partire dal 1989, ma anche che sia stata posta in essere una falsa attribuzione di titolarità, sia espressa, tramite l’apposizione sugli articoli del segno © seguito dall’anno e dalla dicitura “NIRVANA”, sia tramite l’implicito riconoscimento della qualità di autore allo stesso Kurt Cobain. La questione centrale della vicenda riguarda la nota di copyright relativa all’edizione del libro che contiene l’illustrazione. Infatti, l’edizione pubblicata nel Regno Unito ne è priva, mentre in quella pubblicata negli Stati Uniti è presente, anche se non risulta alcuna registrazione o rinnovo di tale copyright secondo quanto previsto dal Copyright Act statunitense del 1909.
La ricorrente sottolinea come, ai sensi della suddetta legge statunitense, l’illustrazione sia “opera straniera” e, per tale ragione, oggetto di protezione sia negli USA sia al di fuori dei confini di tale Paese. Tale assunto è basato, in particolare, su una controversa decisione datata 1996 nel caso Twin Books v. Walt Disney Co., in cui la Corte ha sostenuto che la pubblicazione senza nota di copyright in un Paese straniero [nel caso di specie, il Regno Unito, ndr] non inserisce l’opera nel pubblico dominio negli Stati Uniti, con la conseguenza che l’opera stessa risulterebbe come “non pubblicata” e, quindi, protetta sino allo scadere dei settant’anni successivi alla morte dell’autore (ossia fino al 2052).
 
L’argomentazione degli imputati, dunque, potrebbe consistere nel sostenere che, anche se l’assenza della nota di copyright nell’edizione britannica non fosse sufficiente a collocare l’immagine nel pubblico dominio, ciò sarebbe, comunque, conseguenza della pubblicazione statunitense con nota mai registrata né rinnovata (tra l’altro a nome della traduttrice Sayers e non dell’illustratore Scott-Giles). Il fatto che l’illustrazione ricada, o meno, nel pubblico dominio è, evidentemente, fondamentale, poiché, in caso affermativo, essa potrebbe essere utilizzabile senza autorizzazione dell’autore o, in questo caso, dei suoi eredi, né necessità di una licenza.
Anche quanto sopra, tuttavia, può essere oggetto di dibattito fra le parti. La ricorrente sostiene, infatti, che, anche nel caso in cui l’immagine dovesse essere ritenuta come di pubblico dominio, il copyright su di essa potrebbe comunque essere “restaurato” ai sensi del Copyright Restoration Act del 1994, emendamento della previsione legislativa del 1909 atto a tutelare le opere straniere che,
 
 
ancorché protette da copyright nei propri Stati di origine, siano in pubblico dominio negli Stati Uniti per questioni di natura formale.
 
Alle richieste, non particolarmente sorprendenti, relative ai danni subiti dalla ricorrente a seguito della condotta illecita delle resistenti, se ne aggiunge un’altra decisamente interessante: Bundy, infatti, chiede alla Corte di prendere posizione sulla responsabilità degli imputati per violazione di copyright anche nel Regno Unito ed in Germania. La particolarità di tale richiesta è data dal fatto che – atteso che il Copyright Act non ha applicazione extraterritoriale – nel caso la Corte dovesse dichiarare la sussistenza della propria giurisdizione, saranno proprio la legge britannica e quella tedesca a trovare applicazione.
 
Oltre alle questioni sopra riportate, sono – infine – molte altre quelle ancillari che potrebbero essere oggetto di approfondimento, fornendo, quindi, al procedimento in esame tutte le potenzialità per diventare un leading case in materia di copyright, nonché un autorevole precedente.