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FRA SCIOPERI E INTELLIGENZA ARTIFICIALE: IL FESTIVAL DI CANNES E IL FUTURO DELLA CREATIVITÀ NELL’INDUSTRIA AUDIOVISIVA

Mentre, con il film fuori concorso “Jeanne du Barry”, lo scorso 16 maggio si apriva il sipario sulla settantaseiesima edizione del Festival del Cinema di Cannes, dall’altro lato dell’oceano si è giunti alla seconda settimana di sciopero per gli aderenti alla Writers Guild of America (WGA) ossia il sindacato statunitense degli sceneggiatori, e non si può far altro che chiedersi se e come le istanze dei creativi potranno trovare spazio anche sul palcoscenico internazionale fornito dalla Croisette.

 

Qualche intersezione pare trovare uno spazio, almeno potenziale. La manifestazione vede nella propria edizione 2023, infatti, la più che gradita presenza di due icone dallo stile più che riconoscibile dietro la cinepresa: il texano Wes Anderson, in concorso con “Asteroid City”, e la leggenda newyorchese Martin Scorsese, fuori concorso con “Killers of the Flower Moon”.  Entrambi i registi sono membri della WGA ed entrambi sono accreditati come sceneggiatori in relazione alle suddette pellicole. Le linee guida emanate dalla WGA con riferimento allo sciopero in atto proibiscono ai propri membri di compiere attività promozionale con riferimento ai progetti che li vedono attualmente impegnati, ma i due sono, contemporaneamente e comprensibilmente, sottoposti ad obbligazioni contrattuali in senso opposto. Un inconveniente a livello teorico che, tuttavia, potrebbe trovare spedita risoluzione nella realtà dei fatti e, in particolare, sulla base di un’interpretazione teleologicamente orientata delle linee guida sopra menzionate: infatti, come pare emergere da alcune fonti, sembra che la presenza dei due sul red carpet possa essere giustificata partendo dal presupposto che il ruolo ricoperto all’interno dei due film, ossia quello del regista-sceneggiatore, sia ontologicamente differente da quello dello sceneggiatore tout-court, poiché, in sostanza, corrispondente a quello di autore.

 

Proprio la concezione di autore è stata fra le ragioni principali che hanno condotto, dopo settimane di intense negoziazioni, alla rottura delle trattative instauratesi tra la WGA e la Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP), ossia l’associazione di categoria che cura gli interessi delle società di produzione, in relazione sia al grande sia al piccolo schermo, la cui distanza e i cui confini sembrano essere sempre più labili. Infatti, a guadagnare una posizione centrale all’interno del dibattito è stata la posizione degli sceneggiatori statunitensi con riferimento all’utilizzo di sistemi di Intelligenza Artificiale all’interno del processo creativo. La prospettiva, peraltro, ha dimostrato una particolare velocità di adattamento agli impetuosi sviluppi tecnologici posti su tutte le prime pagine nelle scorse settimane.

 

Nel mese di febbraio era registrato soltanto un riferimento piuttosto generico alla necessità di regolare l’uso del materiale prodotto tramite l’utilizzo di tali sistemi – nello specifico, si fa riferimento ai cosiddetti Generative Pre-Trained Transformers, di cui l’ormai onnipresente ChatGPT rappresenta soltanto la punta dell’iceberg. Soltanto qualche settimana più tardi, invece, la WGA ha meglio definito i contorni della propria istanza, richiedendo alla AMPTP che nessun materiale generato tramite l’impiego dei suddetti sistemi sia considerato “materiale letterario” o “materiale fonte” nel contesto della sceneggiatura. Con “materiale letterario”, nel vocabolario del settore, si intende ciò che viene prodotto da uno “scrittore” e, dunque, se l’Intelligenza Artificiale non può produrlo, non può, di conseguenza, essere identificata in tal senso. Con “materiale fonte”, invece, è indicata qualsiasi sorta di pubblicazione sulla quale la sceneggiatura può essere basata. Tale differenza non è di mero puntiglio, ma si ripercuote sulla distinzione fra “sceneggiatura originale” e “sceneggiatura non originale” che il grande pubblico ha imparato a conoscere nel contesto della cosiddetta “awards season” che, ogni anno, si conclude con l’assegnazione del Premio Oscar. Nel caso di specie, quando ad uno sceneggiatore sia affidato il compito di adattare un’idea generata da un sistema di Intelligenza Artificiale, la totalità dei cosiddetti “credits” e, dunque, dei diritti d’autore, sarebbe attribuita allo sceneggiatore stesso, senza alcun ruolo riconosciuto né al sistema di IA né, soprattutto, alla società sviluppatrice di tale software. Di conseguenza, il suddetto sceneggiatore si vedrebbe riconosciuti i credits di una sceneggiatura originale sebbene, tenendo in considerazione il “contributo” dell’Intelligenza Artificiale, il più corretto inquadramento sarebbe quello di sceneggiatura non originale.

 

Tale prospettiva è particolarmente rilevante poiché, da un lato, dimostra come il mondo dei creativi non sembri condividere le posizioni rigide – e, quantomeno, anacronistiche – che hanno caratterizzato, in altri ambiti, comportamenti reazionari all’uso di sistemi di Intelligenza Artificiale. Dall’altro, consente di comprendere quale sia il vero focus dell’attenzione della WGA e degli sceneggiatori stessi: la volontà di non rinunciare ai propri diritti morali sull’opera dell’ingegno, faticosamente conquistati dopo decadi di battaglie, nonché ai guadagni derivanti dall’utilizzazione di tale opera da parte delle case di produzione. Da ricordare è che, in linea generale, la somma derivante da una sceneggiatura non originale corrisponde a circa il 75% di quella derivante dalla sceneggiatura originale.

 

Tuttavia, secondo parte dei commentatori, proprio lo sciopero degli sceneggiatori potrebbe costituire un fattore di vertiginosa accelerazione rispetto all’uso di tali sistemi da parte delle case di produzione, le quali potrebbero essere spinte a sostituire, in primis, le figure di minor esperienza l’Intelligenza Artificiale, con la conseguente perdita di una molteplicità di posti di lavoro nei gradini inferiori della gerarchia. Tale annosa questione pare essere condivisa trasversalmente dall’ambiente dei creativi che, nel vecchio continente, hanno dato vita alla European Guild for Artificial Intelligence Regulation (EGAIR). Tra i propri scopi, oltre a garanzie dal punto di vista giuslavoristico, essa propone l’inserimento, all’interno dell’AI Act in fase di elaborazione da parte dell’Unione Europea – il quale sarà oggetto della seduta del Parlamento Europeo prevista per la metà del mese di giugno – del cosiddetto “diritto di training” sulla base del quale i creativi potranno concedere in licenza le proprie opere esclusivamente per l’allenamento dei sistemi di Intelligenza Artificiale, naturalmente dietro pattuizione di corrispettivo. Infatti, ci si troverebbe attualmente in una situazione di vuoto normativo che consente la violazione dei diritti d’autore dei creativi, messi a repentaglio delle attività di cosiddetto “scraping” automatizzati rispetto ai contenuti presenti sul web, senza che i legittimi titolari ne siano informati né abbiano modo di opporsi.

 

È utile ricordare come l’industria televisiva e cinematografica risulti sempre più collegata ai settori creativi che, prima, ne costituivano unicamente il supporto, come, a titolo di esempio, le arti figurative coinvolte nella produzione delle locandine; esse, seppure abbiano assistito ad un calo della propria rilevanza nella funzione originaria di trovare posto fuori dalla sala, diventano, nel momento attuale, il biglietto da visita della pellicola sui social network. Una delle ultime vicende ad attirare l’attenzione degli utenti del web riporta proprio ad un film che sarà proiettato a Cannes, “Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti, una delle tre pellicole italiane in concorso. Mentre il poster italiano non sembra presentare elementi in grado di colpire chi si imbatte in essa, richiamando in maniera stilizzata uno dei temi del film, è stata la versione francese a guadagnare grandi consensi. In essa, l’immagine in stile fumetto che vede il regista romano sfrecciare su di un monopattino con il volto rivolto allo spettatore crea un ponte virtuale con la locandina del film dello stesso Moretti del 1993 “Caro Diario” che, invece, ritraeva il protagonista su un motorino di spalle, rafforzando in maniera esponenziale il messaggio di continuità della storia con il filone della produzione morettiana.

 

La speranza è che l’attenzione sui temi di convergenza tra il settore dei creativi e l’utilizzo degli ultimi prodotti dello sviluppo tecnologico, in uno scenario che valorizzi la tutela dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, in un contesto particolarmente ricco di spunti e stimoli come quello dell’industria dell’audiovisivo, sia in grado di condurre tutti i suddetti ambiti “vers un avenir radieux”.