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IL TAVOLO DELLA DISCORDIA: IL CASO JUDD FOUNDATION V. CLEMENTS DESIGN INC., ET AL.
Il mondo del design freme da settimane in vista del prossimo 16 aprile, data di apertura del Salone Internazionale del Mobile che raccoglierà a Milano esperti ed appassionati in un contesto che viene descritto come “teatro di una narrazione che parte dalla stanza per esplorare come cambia il modo di vivere e, di conseguenza, l’abitare e l’arredare”. Proprio da alcuni pezzi di arredamento di cui è proprietario uno dei personaggi più noti della cultura pop a livello mondiale è emersa, nei giorni scorsi, una nuova disputa che permette di accendere i riflettori sulle sfumature spesso nascoste agli occhi del grande pubblico.
 
Kim Kardashian, personaggio da 364 milioni di followers, non è nuova a mostrare cosiddetti “sneak peaks” della propria vita personale e professionale, includendo i cosiddetti “home tours” degli uffici della propria società SKKN BY KIM, attiva nell’ambito del make-up, mentre Kardashian opera nel settore dell’abbigliamento tramite SKIMS. Proprio uno dei video con tali caratteristiche, girato e pubblicato nel 2022, è stato citato all’interno di un’azione legale proposta lo scorso 27 marzo dinanzi ad una corte federale californiana dalla Judd Foundation.  Tale ente è una fondazione non-profit che si occupa della gestione dell’eredità creativa di Donald Judd, artista statunitense noto per la scelta di materiali quali l’acciaio, il cemento e il compensato da utilizzare in procedimenti industriali che risultano in sculture minimaliste di grandi dimensioni, organizzate secondo forme geometriche semplici e schemi ripetitivi.
 
In tale video, Kardashian affermava che “i tavoli Donald Judd sono veramente fantastici e si miscelano perfettamente con le sedute”. Un complimento che, tuttavia, non è stato ben recepito dalla Judd Foundation, la quale risulta responsabile altresì della tutela dei diritti connessi alle opere dell’artista. Infatti, sembra che proprio tramite contenuto audiovisivo la fondazione sia venuta a conoscenza della presenza, negli uffici di Kardashian, di parti di arredamento identificate, in maniera incorretta, come opere dell’artista. Quindi, l’ente ha proposto azione legale nei confronti di Clements Design Inc., affermando che la stessa avrebbe prodotto e distribuito copie non autorizzate del tavolo “La Mansana” e delle sedie “84”.
 
La base giuridica dell’azione è identificata nella violazione del marchio denominativo per il segno “DONALD JUDD” e falsa indicazione di origine dei prodotti, ma anche pubblicità ingannevole e concorrenza sleale, insieme a violazione di copyright sulle fotografie, nonché di indebita copia dei presunti cosiddetti “trade dresses” relativi al tavolo ed alla sedia specificamente identificati. In particolare, il concetto di trade dress, di origine tipicamente anglosassone, si riferisce all’aspetto commerciale di un prodotto o di un servizio che, includendo vari elementi, lo identifica e distingue da quelli concorrenti.
 
Tuttavia, anche la stessa imprenditrice è stata citata in giudizio. In primo luogo, secondo la ricostruzione fornita dall’attore, Kardashian sarebbe stata a conoscenza della circostanza di non aver acquistato opere autentiche, dal momento che, da una delle fatture emesse da Clements Design Inc., emergerebbe che i prodotti di arredamento sarebbero creati soltanto “nello stile di Donald Judd”. Peraltro, è contestato all’imprenditrice l’attività di “falso endorsement”, sulla scorta della premessa secondo cui i consumatori che hanno visualizzato il video o usufruito della copertura stampa della notizia sarebbero stati condotti non soltanto a credere che i prodotti mostrati fossero autentici pezzi, ma altresì che vi fosse una connessione o affiliazione tra la Donald Judd Foundation e i prodotti commercializzati da SKKN BY KIM. Tale circostanza risulta particolarmente rilevante per la fondazione, dal momento che essa proibisce in maniera categorica ai clienti di usare l’arredamento DONALD JUDD per scopi promozionali e di marketing.
 
Per tali ragioni, la fondazione ha richiesto un risarcimento del danno, insieme ad una serie di condanne ai convenuti, fra cui la richiesta di ritiro del video unita alla correzione delle affermazioni false da mettersi in atto dinanzi alla stampa. Tali istanze, insieme al tentativo fallito di composizione amichevole della disputa – arenatosi, pare, di fronte all’indisponibilità di Kardashian di compiere quanto sopra senza che fosse una decisione giudiziale ad ordinarlo –, nonché alle dichiarazioni rilasciate dai legali della fondazione, conducono alla consapevolezza che il vero obiettivo della fondazione sia la rappresentazione veritiera della situazione di fatto dinanzi al consumatore. Il fine, quindi, sarebbe di eliminare qualsiasi rischio di confusione e/o associazione fra la Donald Judd Foundations e SKKN BY KIM. Un nome, peraltro, già al centro di una vicenda incardinata dinanzi all’Ufficio Marchi statunitense.
 
Mentre la corte procederà a prendere in considerazione le ragioni delle parti, da tale vicenda emerge la consapevolezza che il mondo del design si sta espandendo sempre di più, travalicando i confini dei soli diritti di proprietà industriale. Da nuove vie per lo sviluppo della creatività originano, altresì, una molteplicità di vicende che necessitano l’intervento regolatorio del diritto, sia tramite le norme imperative sia attraverso la disciplina stabilita a livello contrattuale, da valutare attentamente nel dettaglio.