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Le nuove frontiere della moda: quale spazio per la tutela della proprietà intellettuale nel Metaverso?
Il recente interesse sviluppatosi nei confronti della realtà virtuale, ha indotto diversi operatori economici a sperimentare in toto le possibilità offerte dalla dimensione tridimensionale.
Inoltre, ad oggi, la definizione di “Metaverso” risulta alquanto riduttiva. Secondo taluni esperti, appare, infatti, più corretto fare riferimento ai “metaversi”, in considerazione del fatto che tale realtà virtuale – che come già evidenziato qui, era stata definita dallo scrittore statunitense Neal Stephenson come “spazio tridimensionale all'interno del quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire” – si sviluppa anche su piattaforme diverse da Meta, quali Roblox, The Sandbox e Decentraland.
Alle opportunità offerte da parte della “nuova” realtà si connettono diversi tipi di esperienze che i brand possono offrire ai propri clienti, tanto con riferimento alle attività di marketing quanto all’acquisto di prodotti nel mondo virtuale.
Proprio su Decentraland, dal 24 al 27 marzo scorso, si è svolta la prima “Metaverse Fashion Week”, dove sia le case di moda attive nel settore del lusso sia le società che si dedicano al fast fashion hanno presentato le proprie creazioni nei differenti Fashion District creati per l’occasione, nonché nei pop-up stores presenti sulla medesima piattaforma. Tuttavia, già a partire dal maggio 2021, imprese come Nike e Gucci avevano inaugurato i propri spazi virtuali – rispettivamente, Nikeland e Gucci Garden – sulla piattaforma Roblox allo scopo di consentire ai propri utenti di giocare ed esplorare la gamma di scarpe, abbigliamento ed accessori offerta al pubblico.
Sin dall’inizio, però, le società della moda hanno sentito la necessità di tutelare i propri diritti anche nello spazio del metaverso. Nike, a titolo di esempio, aveva già presentato davanti all’Ufficio Marchi statunitense (USPTO) le domande di marchio per il segno figurativo di cui al marchio Nike e per i segni denominativi “JUST DO IT” e “NIKELAND” con riferimento a prodotti e servizi, rivendicati all’interno delle classi 9, 35 e 41, da cui emerge, chiaramente, l’intenzione di utilizzare i propri marchi in commercio nella realtà virtuale.
Una realtà virtuale che si è, però, ben presto scontrata con il mondo del diritto, dato che nello scorso mese di febbraio, la Nike Inc. ha incardinato un’azione legale davanti al Tribunale Federale di New York nei confronti della piattaforma di reselling StockX LLC.. Il ricorso presentato dalla multinazionale statunitense chiarisce come la piattaforma avesse commercializzato, senza essere stata autorizzata, immagini di scarpe recanti il marchio “NIKE”, le cosiddette “StockX Vault”, sotto forma di NFT, ossia di “Non-Fungible Token”, certificati di autenticità digitale che, sfruttando la tecnologia blockchain, garantiscono l’autenticità e l’unicità del contenuto digitale.
Alle opportunità offerte da parte della “nuova” realtà si connettono diversi tipi di esperienze che i brand possono offrire ai propri clienti, tanto con riferimento alle attività di marketing quanto all’acquisto di prodotti nel mondo virtuale.
Proprio su Decentraland, dal 24 al 27 marzo scorso, si è svolta la prima “Metaverse Fashion Week”, dove sia le case di moda attive nel settore del lusso sia le società che si dedicano al fast fashion hanno presentato le proprie creazioni nei differenti Fashion District creati per l’occasione, nonché nei pop-up stores presenti sulla medesima piattaforma. Tuttavia, già a partire dal maggio 2021, imprese come Nike e Gucci avevano inaugurato i propri spazi virtuali – rispettivamente, Nikeland e Gucci Garden – sulla piattaforma Roblox allo scopo di consentire ai propri utenti di giocare ed esplorare la gamma di scarpe, abbigliamento ed accessori offerta al pubblico.
Sin dall’inizio, però, le società della moda hanno sentito la necessità di tutelare i propri diritti anche nello spazio del metaverso. Nike, a titolo di esempio, aveva già presentato davanti all’Ufficio Marchi statunitense (USPTO) le domande di marchio per il segno figurativo di cui al marchio Nike e per i segni denominativi “JUST DO IT” e “NIKELAND” con riferimento a prodotti e servizi, rivendicati all’interno delle classi 9, 35 e 41, da cui emerge, chiaramente, l’intenzione di utilizzare i propri marchi in commercio nella realtà virtuale.
Una realtà virtuale che si è, però, ben presto scontrata con il mondo del diritto, dato che nello scorso mese di febbraio, la Nike Inc. ha incardinato un’azione legale davanti al Tribunale Federale di New York nei confronti della piattaforma di reselling StockX LLC.. Il ricorso presentato dalla multinazionale statunitense chiarisce come la piattaforma avesse commercializzato, senza essere stata autorizzata, immagini di scarpe recanti il marchio “NIKE”, le cosiddette “StockX Vault”, sotto forma di NFT, ossia di “Non-Fungible Token”, certificati di autenticità digitale che, sfruttando la tecnologia blockchain, garantiscono l’autenticità e l’unicità del contenuto digitale.
Secondo la ricostruzione dell’attrice, la convenuta avrebbe, infatti, utilizzato i marchi di titolarità di Nike Inc. con l’intento di sfruttare la notorietà del suddetto brand, la precisa volontà di generare confusione nei consumatori circa la provenienza dei prodotti. Pertanto, tra le contestazioni addotte, emergevano le richieste di accertare la violazione e la conseguente diluizione del marchio, ma altresì la messa in atto di pratiche commercialmente scorrette.
In sostanza, i legali della Nike Inc. avevano richiesto ai giudici competenti di emettere un’ingiunzione finalizzata a bloccare le vendite degli NFT Vault da parte della StockX LLC., oltre al risarcimento del danno derivante dalla commercializzazione delle immagini che esibivano i marchi di titolarità della ricorrente.
La controversia in questione – tuttora pendente – conferma  un trend prevendibile, ossia un incremento nel numero delle contestazioni sorte in merito alla violazione dei diritti di proprietà intellettuale nel metaverso, delle quali uno dei primi esempi è stato legato alla contesa fra Hermès e Mason Rothschild (che si era analizzata qui).  
Risulta, quindi, di rilevanza sempre maggiore per le società che operano nel settore del luxury&fashion, la necessità di elaborare efficaci strategie allo scopo di rivendicare e rendere azionabile la tutela dei propri diritti di proprietà intellettuale anche nel nuovo mondo virtuale. In particolare, secondo taluni legali specializzati in “fashion law” (diritto della moda), oltre a depositare nuove domande di marchio con riferimento a categorie di prodotti e servizi specifiche e particolari, come quella dei software, sarebbe necessario utilizzare nuovi servizi di sorveglianza finalizzati a monitorare ciò che avviene quotidianamente nel contesto delle piattaforme virtuali.